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Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, ma s’era potuta riconoscere così.
                                       da Il barone rampante, cap.XXI (alla fine)

Viviana
4F

Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre mai s’era potuta riconoscere così.
Lui aveva ancora il sole negli occhi, quello rosso scuro dei tramonti d’agosto e d’improvviso in un giorno bianco di neve la luce calda dei suoi occhi si era specchiata in quelli di lei: freddi, grigio acciaio.
Gli occhi di lui non avevano mai visto quel grigio inespugnabile fatto di quel cielo di Milano che ti si chiude piano piano addosso, inghiottendoti.
Gli occhi di lei non avevano il calore e l’ingenuità di quel sole umile di passione ogni mattina allo specchio.
Invano lo cercò lei, era fuggito.
Lui temeva quegli occhi, impaurito e attratto dalla stanchezza dello sguardo di chi ha visto, vissuto, infine capitolato di fronte a quel turbinio di immagini che lascia il vuoto dentro.
Occhi che ricercano, scrutano, mai capaci di sottrarsi. Ma il calore degli occhi di lui , quello che scalda la neve, era ormai lontano, scosso dal gelo che aveva visto.
E così si erano conosciuti e nel gelo lui si era ormai saputo e lei, che si sapeva da sempre, finalmente si poté riconoscere.

Mangione Federica
4F

Era sempre vicina al suo letto, la guardava la sera prima di addormentarsi e la mattina appena si svegliava. Quella foto, loro due insieme, le metteva nostalgia, ma non riusciva a liberarsene; c’era troppo affezionata.
La foto l’aveva scattata quando avevano diciassette anni. Erano giovani e non capivano cosa fosse l’amore.
Un giorno lui partì. Lei non riusciva a darsi pace, non capiva il perché di quella decisione: decise di aspettarlo fino a quando non fosse tornato.
Passarono gli anni e lei capì che non l’avrebbe più rivisto e che mai avrebbe provato quelle emozioni.
Quella mattina prese la metro, come sempre; stessa fermata, stessa ora, insomma stessa routine. C’era comunque qualcosa nell’aria: quegli occhi la fissavano, fissavano il suo viso, si sentiva a disagio. Quella mattina aveva dedicato poco tempo al suo aspetto fisico; perché fissava lei?
Le dava fastidio, ma sperava che le si avvicinasse.
Il cuore le iniziò a battere forte; le sembrava di riconoscere il suo viso.
Non sapeva perché; sentiva crescere in lei un’emozione travolgente: quel viso le ricordava la sua adolescenza.
Non poteva essere lui. L’aveva lasciata senza una spiegazione, senza una speranza. Sola coi suoi dubbi e con il suo dolore.
Piano piano le si avvicinava.
Erano uno di fronte all’altro.
Lo riconobbe, era proprio lui.
Marco.

Si abbracciarono a lungo.

Laura
4 F

Eccola entrare di corsa nella stanza ansimante; la camicetta color panna le fa risaltare le guance colorate dalla fatica. Il cuore in gola, i lunghi capelli intrecciati con un nastro bianco, il bianco, il colore della purezza, il colore della luna che quella sera diluiva il buio della notte.
I due si fissarono immobili a pochi passi di distanza, l’ uno di fronte all’ altro; i loro corpi come paralizzati, mentre le loro menti vagheggianti in mille pensieri. Il volto di lui segnato dalla vecchiaia, gli occhi ancora una volta gonfi di lacrime. Rimasero così per ore. E poi il silenzio, solo il fruscio del vento tra le foglie che entrava dalle finestre socchiuse. Poi lui si decise spinto dal bisogno di riabbracciarla dopo così tanto tempo, di riavere tra le sue braccia quella ragazzina che aveva cresciuto come una figlia a cui aveva dovuto mentire fin dalla nascita per paura di perderla, perché a lei teneva veramente, avrebbe dato la vita per la sua felicità. Fece due passi e le prese la mano, la mise fra le sue; era arrossata, la sua manina era consumata, i solchi raccontavano le notti passate a piangere, i giorni svuotati, le ricerche affannose e le domande senza risposte. Lei gli si aggrappò al collo, lo strinse forte, gli chiese spiegazioni. Passarono tutta la notte a parlare della storia di quella bambina abbandonata ai piedi di un’ altare di una chiesetta di campagna e raccolta da quell' umile uomo che l’ aveva cresciuta in una menzogna per darle il calore di una famiglia che l’ aveva rifiutata. Le venne svelata tutta la verità. “Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’ era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’ era potuta riconoscere così.”