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Italo Calvino...

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agli altri testi di Calvino

Il romanzo comincia in una stazione ferroviaria, sbuffa una locomotiva, uno sfiatare di stantuffo copre l’apertura del capitolo, una nuvola di fumo nasconde parte del primo capoverso. Nell’odore di stazione passa una ventata d’odore di buffet della stazione. C’è qualcuno che sta guardando attraverso i vetri appannati, apre la porta a vetri del bar, tutto è nebbioso, anche dentro, come visto da occhi di miope, oppure occhi irritati da granelli di carbone.                     
            Da Se una notte d’inverno un viaggiatore, cap. I

Roberto
4 F

Era già la seconda volta che il signor x cercava di leggere questo brano del libro, ma solo gli occhi riuscivano a seguire la traccia nera delle parole sulla carta, la mente era altrove, impegnata in altri ragionamenti o forse solo troppo stanca per leggere. Il signor x aveva avuto una brutta giornata al lavoro, una come tante, ed ora era facilmente irritabile, da tutto quanto: “basta, sono stufo di provare a leggere ‘sto libro,  non è il momento adatto e poi non è nemmeno bello, non ne leggo uno bello da chissà quanto!”, pensò e appoggiò il libro sul comodino: “andrò a guardare un po’ di televisione, almeno con quella non devo pensare!”. Si alzò dal letto e andò in salotto, ma appena uscito dalla stanza il libro si volatilizzò. Il signor x si mise comodo sul divano e accese l’apparecchio, ma in tv non c’erano che programmi spazzatura: un reality show, un programma di calcio e così via. “ma porca – pensò - possibile che alla gente piacciano ‘ste schifezze? E che cavolo! Non c’è mai un programma decente!”. Fu allora che il segnale video scomparve e tutti i canali furono oscurati. “Ma che diavolo succede alla tv? Perché mi fa questo, l’ho comprata solo due mesi fa e già non funziona! Dai, non e possibile! Ok, calma, sei solo un po’ nervoso e poi non c’era niente di interessante;  la porterai al negozio che tanto è ancora in garanzia. È meglio che tu vada a dormire, il sonno è l’unico rimedio”. Andò nel bagno a lavarsi. Dalla sala il televisore scomparve. Il signor x si stava per andare a letto quando notò che sul comodino il libro non c’era; non si fece troppi problemi, forse l’aveva messo da qualche altra parte. Puntò la sveglia e spense la luce, si addormentò in poco tempo. Come sempre, quella notte non sognò niente. La mattina, quando aprì gli occhi, la luce filtrava dai buchi delle tapparelle. “strano, mi sono svegliato prima che la sveglia abbia suonato. Ma c’è già luce: che ore sono?” le nove e un quarto: tardissimo! Il signor x non riuscì a trovare nemmeno il tempo di imprecare: si vestì e lavò in tutta fretta e uscì di casa senza fare colazione. Il signor x non aveva la macchina che era dal meccanico, e quindi si diresse alla fermata dell’autobus. Molta gente stava ad aspettare il mezzo che evidentemente era in ritardo, quando eccolo comparire da dietro l’angolo, pieno come un carro bestiame: le persone erano pressate tutte dentro e quando le porte si aprirono quasi nessuno riuscì a salire; il signor x decise di non provarci nemmeno. “ormai  sono in ritardo, cavolo! Aspetterò il prossimo; certo che se questi servizi funzionassero bene non mi troverei in queste situazioni, che seccatura!” Il signor x, che era intento a guardare se arrivasse un altro autobus non si accorse che quello appena passato scomparve e con lui anche un altro paio che andavano nella direzione opposta. Aspettò ancora a lungo ma niente. Nel frattempo era arrivato alla fermata affollata un uomo sulla settantina. Il signor x lo vide avvicinarsi tutto curvo, che borbottava qualcosa di incomprensibile. Era uno di quei tipici vecchi che non aspettavano altro che un buon pretesto per cominciare a lamentarsi e magari tirare in ballo i suoi tempi, quando tutto era migliore e le cose funzionavano. Era come una bomba dalla miccia corta che stava per esplodere sui nervi del signor x, già abbastanza tesi. “No, ci mancava solo questo; meglio girarsi dall’altra parte e fare finta di niente” e così fece, ma la vocina stridula e irritante arrivò comunque alle sue orecchie; il vecchio aveva attaccato bottone con un’altra persona e cominciava a lamentarsi. “ Guarda che se ti lamenti non arrivano gli autobus” avrebbe voluto dirgli il signor x, ma ovviamente non lo fece e continuò a pensare: “che tristezza! Speriamo di non diventare così! Adesso tanto vale andare a piedi, deve essere uno di quegli scioperi selvaggi, almeno non sto a sentire questo scocciatore!” e mentre si allontanava il vecchio smise di parlare perché smise di esistere. Il signor x camminava con passo veloce  pensando a quante storie gli avrebbe fatto il capo quando si trovò davanti una signora; anche lei andava altrettanto veloce mentre fumava una sigaretta . Il marciapiede era troppo stretto e quindi il signor x dovette inalare tutto il fumo: inutile dire che non la prese molto bene. Difatti lui non fumava: “ Ma che cavolo! Perché la gente e così masochista da distruggersi i propri polmoni (e quelli degli altri) fumando! È da stupidi!” Il signor x che da fuori non sembrava scomporsi stava in realtà implodendo. Cominciò a imprecare contro tutto quello che non andava: la signora che aveva davanti, la mattinata del cavolo che aveva avuto e tante altre cose; non risparmiò nulla nelle sue critiche. Gli sembrava che tutto il mondo non funzionasse, che avesse qualcosa di storto. Non si accorse che la donna davanti a lui era sparita insieme a tanti altri oggetti e persone attorno. Il signor x si trovò da solo a fluttuare nel vuoto più totale; c’era solo lui e nient’altro. Si rese conto della situazione in cui era e cominciò a riflettere: “ forse sono stato un po’ duro con le critiche: alla fine era solo un giorno andato storto. Ecco qual è il mio problema! Critico sempre tutt…” Il signor x non riuscì a finire la frase perché il vuoto inghiottì anche lui.

Cavalcoli Federica
5 E

Una donna si incammina verso il treno, è sola, i suoi passi risuonano nella stazione assonnata, nessuno pare notarla. Sale sul treno in silenzio raggiungendo l’ultimo vagone, il più lontano dall’entrata dove sa che nessuno verrà a disturbarla. Il suo impermeabile nero si muove impercettibilmente mentre sfila lentamente i sedili, sul volto un paio di occhiali scuri le velano lo sguardo; sembra circondata da un alone di mistero. All’improvviso si ferma e decide di sedersi; se la sua è  una reale scelta i suoi movimenti non tradiscono la minima volontà o interessamento. Si accomoda, infine, la vettura è vuota, la donna si sfila gli occhiali mostrando un viso indecifrabile, etereo e senza età, ma ciò che colpisce di più sono i suoi occhi: puro ghiaccio, magnetici, eppure nascondono una stanchezza infinita. La donna poggia la fronte al vetro, osserva la notte scorrere, ombre scure che corrono lontano.
Chiude gli occhi, volti perduti si affollano nella sua mente prova a ricordarli tutti: bambini, donne in carriera, ragazzi muscolosi.. un’intera umanità.. con un gemito riapre gli occhi sono troppi è ridicolo, pensa amara, quante agonie, quanti pianti ha visto e lei li ha dimenticati.
Sul suo volto corre un’ombra, sicura la sua mano destra si infila in una borsetta e con altrettanta sicurezza estrae un rossetto che scintilla nella flebile luce della carrozza. Si trucca con precisione, non uno sbaffo, le sue labbra splendono, perfettamente disegnate. Vuole essere bella, per lei è importante.. è l’ultimo gesto di umanità che le resta, lo sa  e non vuole perderlo.
Il treno si arresta emettendo un ultimo grido; la donna scende senza nemmeno controllare la fermata, sa benissimo dove si trova; Londra è immersa nella nebbia questa notte. Una folla agitata corre per la stazione, ma la loro fretta non sembra toccarla, va per la sua strada indisturbata, Nessuno la vede, nessuno osa sfiorarla.
Solo un vecchio vagabondo gettato in un angolo pare scorgerla, il suoi cuore cessa per un attimo di battere, ma la donna scivola veloce nelle tenebre…il vagabondo ricomincia a respirare.
Strade deserte scorrono sotto i suoi passi leggeri, si ferma davanti ad un edificio annerito dal tempo che forse un tempo poteva essere elegante. Poggia una mano alla porta; è stanca, sempre più stanca; da quanto vive così? Da quanto rifiuta ogni rapporto umano? Non ha mai potuto amare… John Mayers è seduto sul divano, sul tavolo giacciono bottiglie di Vodka e l’ennesima pista di cocaina. E’ stanco…la sua vita ha perso ogni senso da quel giorno, quella condanna: AIDS.
Si alza dio colpo finendo, svogliato la sua droga, non avverte più nemmeno l’euforia dei primi tempi. La vita è solo un peso.
Egli cerca la morte. Barcollante si avvicina alla porta, il cuore batte forte, sa che lei è lì.
Si sente inebriato, forse innamorato. Apre…si vedono, il loro sguardi si incontrano e per la prima volta, da ormai troppo tempo, entrambi si sentono sereni…
Un istante che dura un’eternità, poi la porta si richiude cigolante alle loro spalle.
Il giorno dopo John Mayer venne ritrovato morto alle 11:12 da alcuni amici.. la morte era andata a fargli visita.