PREMESSA

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Cesare Pavese, che aveva collaborato con Vittorini alle traduzioni di Americana, gli inviò questa lettera per complimentarsi dell'iniziativa. Per avere però un quadro più completo del rapporto psicologico tra i due scrittori, riportiamo qui la nota che si trova nel diario di Pavese (Il mestiere di vivere, 29 dicembre 1949): "La fama americana di Vittorini ti ha fatto invidioso? No. Io non ho fretta. Lo batterò sulla durata. In fondo Vittorini è stato la voce (anticipata - questo è il grande) del periodo clandestino - amori nudi e vitali, astratti furori che s'incarnano, tutti in missione eroica. Ha presentito l'epoca e le ha dato il suo mito...".
Segue la risposta di Vittorini alla lettera.

 

Milano, 27 maggio 1942

Caro Vittorini,

ti sono debitore di questa lettera perché penso ti faccia sapere che siamo tutti solidali con te [...] e tutto il pregio e il senso dell'Americana dipende dalle tue note. In dieci anni dacché sfoglio quella letteratura non ne avevo ancora trovato una sintesi così giusta e illuminante. Voglio dirti questo, perché certamente quando le tue note correranno il mondo in Piccola storia della cultura poetica americana, salterà su chi rileverà che esse sono estrose sì ma fantastiche. Ora, va gridato che appunto perché fanno racconto, romanzo se vuoi, invenzione, per questo sono illuminanti. Lascio stare la giustezza dei singoli giudizi, risultato di altrettante intime monografie informatissime, e voglio parlare del gioco tematico della tua esposizione, del dramma di corruzione purezza ferocia e innocenza che hai instaurato in quella storia. Non è un caso né un arbitrio che tu la cominci con gli astratti furori, giacché la sua conclusione è, non detta, la Conversazione in Sicilia. In questo senso è una gran cosa: che tu vi hai portato la tensione e gli strilli di scoperta della tua propria storia poetica, e siccome questa tua storia non è stata una caccia alle nuvole ma un attrito con la letterat.[ura] mondiale (quella letterat.[ura] mondiale che è implicita, in universalità, in quella americana - ho capito bene?), risulta che tutto il secolo e mezzo americ.[ano] vi è ridotto all'evidenza essenziale di un mito da noi tutti vissuto e che tu ci racconti.

C'è naturalmente qualche minuzia su cui dissento (la Lettera Scarlatta più forte dei Karamazov; la Nuova Leggenda che troppo fa pendant alla prima; qualche generalità su Whitman e Anderson ecc.) ma non contano. Resta il fatto che in 50 pagine hai scritto un gran libro. Non devi insuperbirti, ma per te esso ha il senso e il valore che doveva avere per Dante il De Vulgari. Una storia letteraria vista da un poeta come storia della propria poetica.

Non ho fatto tempo a leggere le traduzioni perché ho mandato il libro al legatore. Mi sono piaciute le illustrazioni.

Arrivederci, caro Vittorini.

Cesare Pavese

 

 

La risposta di Vittorini:

Milano, 25 giugno 1942

Mio caro Pavese,

scusami il lungo silenzio, ma io non potevo rispondere a una lettera come la tua. Troppo forte e bella, troppo obbligante. E ancora in questo momento non rispondo, né ti ringrazio, ti dico solo che posso accettarla come un prezioso gesto di amicizia. Naturalmente mi sono attaccato alle riserve per poter avere verso di te motivi di normale gratitudine. Queste sono giustissime; tutte esatte; e ne terrò conto per una revisione del lavoro, quando mi sarà permesso di pubblicarlo. Dovevi aggiungere che le illustrazioni avrei potuto sceglierle meglio col meraviglioso materiale che si aveva in circolazione alcuni anni fa. E le didascalie per le medesime non le trovi sforzate in modo da generare equivoci? Io mi sono lungamente disperato al riguardo.

Spero di poter venire un'altra volta a Torino abbastanza presto per passare un'altra bella giornata con voialtri.

Tuo aff.mo

Vittorini