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L’operaio Arturo Massolari faceva il turno della notte, quello che finisce alle sei. Per rincasare aveva un lungo tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione, in tram nei mesi piovosi e invernali. Arrivava a casa tra le sei e tre quarti e le sette, cioè alle volte un po’ prima alle volte un po’ dopo che suonasse la sveglia della moglie, Elide.
                       da Gli amori difficili, L’avventura di due sposi (incipit)

Andrea
4 F

A volte, durante il suo viaggio verso casa , gli capitava di pensare alla moglie, di ricordare con piacere come Elide fosse riuscita a fargli vedere il mondo sotto un’altra ottica. Arturo non si era mai spiegato come la moglie fosse riuscita a fare in modo che il mondo gli apparisse diverso, ma era certo del fatto che fosse stata Elide a far scattare in lui quella strana molla che lo aveva liberato da tutti quei limiti che si danno gli uomini e gli aveva permesso di viaggiate sempre due volte tornando a casa dal lavoro. Sì, perché il sig. Massolari viaggiava in bici e col tram, a seconda della stagione, viaggiava per tre quarti d’ora oppure per un ora, ma sempre, indipendentemente dal tempo, viaggiava con la fantasia. Aveva scoperto quanto fosse bello guardare le cose, osservare le persone, capendo che durante i lunghi tragitti non sempre era necessario avere con sé un libro, perché lo svago più grande era intorno a lui; spesso infatti finiva con l’indice tra due pagine, il libro semi chiuso e lo sguardo fisso verso qualcosa che oltre lo sporco vetro del tram aveva catturato la sua attenzione, affascinandolo. Con un libro Arturo poteva viaggiare, certo, ma sarebbe comunque stato un viaggio guidato da qualcuno che aveva già compiuto il suo surreale percorso.
Probabilmente fu proprio per questo motivo che nonostante le diverse offerte di lavoro ricevute, voleva fare l’operaio; precisamente il turno di notte. Sosteneva che verso le sei del mattino, quando il mondo si sveglia fosse bello stare a guardare…, non poteva rinunciare al suo ritorno verso casa, tutto lo incuriosiva.
Solo guardando lo spazzino che, vestito di un verde accecante, ogni mattina, sempre alla stessa ora, si trovava di fronte al  civico 14 del vialone che portava Arturo verso casa iniziava a chiedersi mille cose: come si chiamasse, da dove venisse, quanti lavori avesse fatto quell’uomo che ogni volta, con aria affaticata, lanciava i grossi sacchi neri, distrattamente ammassati all’angolo della strada, dentro un enorme macchina che sembrava mangiarseli lentamente ad uno ad uno. Si domandava quale fosse la storia di  colui che, guidando il tram, ogni mattina lo riportava a casa dalla moglie, si chiedeva se aveva figli se fosse sposato o se lo fosse mai stato, e poi cominciava ad immaginarlo…padre d tre figli, stanco, abbandonato dalla moglie, e sicuramente obbligato a fare il conducente del tram di Arturo, costretto a guidarlo di notte per le strade della città deserta per mantenere la sua famiglia. Questa però era una delle sue immaginazioni più pessimistiche, forse era lo sguardo desolato e un po’ assonnato del tranviere a portarlo ad immaginarsi un’esistenza così difficile di un uomo che finiva il turno tra le sette e le otto, quasi come il sig. Massolari.
Un giorno Arturo si rese conto di qualcosa che lo sconvolse, non aveva mai guardato in su. Certo il cielo l’aveva visto, aveva visto le nuvole e il sole…ma si rese conto di non aver mai guardato la città più in su del suo naso. Se qualcuno gli avesse chiesto di parlare dei tetti e dei  camini dei posti che frequentava abitualmente, lui non avrebbe saputo cosa dire, perché era abituato a guardare ciò che era alla sua portata: guardava, osservava, era contento del suo viaggio verso casa, ma si accorse di non aver mai visto tutto. Questa scoperta lo rattristò, non sapeva come rimediare, perché lui nelle tegole e nel fumo che usciva dal camino ci vedeva poco, quasi niente; non era interessato a guardare più in su del suo naso e  questo lo rese terribilmente triste, perché capì che quella molla che credeva fosse scattata in lui e che pensava lo avesse liberato da tutti quei limiti che si danno gli uomini in realtà non c’era mai stata perché forse era impossibile pensare di poter guardare tutto con interesse. Dal quel giorno il sig. Massolari continuò a guardare il mondo, ad osservarlo, ma il modo di farlo era totalmente cambiato. Si era accorto di avere un limite che difficilmente avrebbe superato.

Ilenia
4 F

Elide era una bella donna, vestita sempre di nero; il nero era il suo colore preferito, rispecchiava un po’ il suo animo inquieto e tormentato dalle vicende familiari, dal comportamento di suo marito Arturo.
Il loro amore era pressoché strano, era un amore che fin dal primo momento del loro matrimonio fu difficile.
La situazione in casa era triste e cupa: nessun dialogo, nessuna parola, nessuna carezza…niente di niente.
Arturo, a causa del suo lavoro, non trascorreva mai del tempo insieme a sua moglie. Era un uomo indaffarato che si preoccupava degli altri, amici e colleghi, ma non aveva nessun interesse per quella che era la sua vita coniugale. Questi furono i motivi per i quali i coniugi Massolari non ebbero figli.
Più passavano gli anni e più Elide si sentiva sola e disperata. Da quando si era sposata con Arturo, aveva abbandonato tutte le amiche e non aveva più l’opportunità di scambiare qualche parola oppure confrontarsi con qualcuno; aveva rinunciato addirittura alla sua più grande passione: il canto.
Elide era stanca di questa situazione, non ne poteva più di suo marito e del suo atteggiamento di menefreghismo; si sentiva diversa da tutte le altre donne, si sentiva trascurata, inutile.
Una mattina nella cassetta della posta trovò un biglietto, nel quale c'era scritto che era invitata a partecipare ad uno spettacolo a teatro. I suoi occhi, fino a quel momento, tristi e cupi, si illuminarono. Dopo molte indecisioni Elide decise di andare, ignara del fatto che quel giorno avrebbe potuto cambiare radicalmente la sua vita…