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Ormai era chiaro che i tempi dell’acqua erano finiti, – ricordò il vecchio Qfwfq, - quelli che si decidevano a fare il grande passo erano sempre in maggior numero, non c’era famiglia che non avesse qualcuno dei suoi cari all’asciutto, tutti raccontavano cose straordinarie di quel che c’era da fare in terraferma, e chiamavano i parenti. Ormai i pesci giovani non li teneva più nessuno, sbattevano le pinne sulle rive di fango per vedere se funzionavano da zampe, come’era riuscito ai più dotati.                                           
                         Da Le Cosmicomiche, Lo zio acquatico (incipit)

Vanessa
4 F

La fantasia è un dono che solo pochi hanno. Qualcuno la perde col passare degli anni, qualcun’altro, al contrario, la scopre dopo una vita intera. Da piccola avevo una fantasia inesauribile, direi fino all’età di tredici anni. Anche se qualcuno è più dotato di qualcun altro, la fantasia è di fatto qualcosa che si conquista con l’esercizio, basta pensare alle mamme coi loro bambini cosa non si inventerebbero per farli addormentare!!!!
Mi sono resa conto di aver perso gran parte della mia fantasia proprio qualche mese fa, quando a scuola mi è stato proposto di fare un piccolo tema partendo da una frase di Calvino.
Ho scritto due brani e poco dopo li ho stracciati.
E anche ora mi trovo a guardare lo schermo luminoso del computer senza avere un’idea precisa di quel che voglio dire  mi sento a disagio sapendo di buttare giù  una serie di frasi che probabilmente non hanno  nemmeno un senso. Per questo oggi ho deciso di scrivere a computer: siamo in un mondo dove dobbiamo avere cura delle risorse che abbiamo e io non vorrei stracciare troppa carta. Se devo essere sincera ora non mi sento per niente soddisfatta: non ho un’idea da portare avanti, ma continuo a pigiare i tasti della tastiera per vedere i miei pensieri trasformarsi in piccoli  segni neri  su un foglio di carta luminoso. Eppure talvolta la scuola ci costringe a far questo: a scrivere qualcosa, qualsiasi cosa,anche stupidaggini, pur di permettere a un professore di scrivere un numero su un registro per schedare gli studenti.
Certo potrei scegliere tra molte frasi e avere così una vasta scelta di argomenti e trovarne quindi almeno uno che mi permetta di esprimermi e magari di fare anche qualche considerazione intelligente. E in effetti tra le venti frasi che ci erano state consegnate ce n’erano forse tre che mi avevano colpito e su cui forse sarei riuscita a costruire un bel tema. Sono frasi d’amore. Io sono sempre stata brava a scrivere poesie e lettere d’amore. Mi sento bene quando scrivo i sentimenti che provo o quando faccio considerazioni su ciò che per me l’amore è. Ma i miei sono pensieri di un’adolescente che ha un’idea probabilmente un po’ distorta dell’amore, un’idea che ho elaborato dopo aver visto troppi film. Così ho deciso di cambiare stile, anche se questo può costarmi un brutto voto.
“Ormai era chiaro che i tempi dell’acqua erano finiti,-ricordò il vecchio Qfwfq, - quelli che si decidevano a fare il grande passo erano sempre in maggior numero, non c’era famiglia che non avesse qualcuno dei suoi cari all’asciutto, tutti raccontavano cosa straordinarie di quel che c’era da fare in terraferma, e chiamavano i parenti. Ormai i pesci giovani non  li teneva più nessuno, sbattevano le pinne sulle rive di fango per vedere se funzionavano da zampe, com’era riuscito ai più dotati.”
Ecco, questa era la frase da cui ero partita e avevo immaginato che i pesciolini sulla terra ferma avessero trovato una terra rigogliosa con fiori giganti che emanavo un dolce e delicato profumo e dai quali goccia a goccia scendeva scivolando sui petali il nettare gustoso. Una visione per così dire virgiliana, ed è per questo che poi ho dovuto buttare via quel piccolo componimento: avevo scritto qualcosa che in realtà era stato già scritto mille volte, addirittura dai tempi dell’antica Roma. Niente di nuovo, insomma.
Avevo poi pensato a  un raccontino di fantasia dove avrei potuto scrivere liberamente qualsiasi cosa, e avevo ottenuti  anche una storiellina abbastanza  simpatica:  i pesciolini danzavano qua e là, giocavano e anche se un po’ impacciati si rincorrevano felici, si raccontavano storie e prendevano in giro quelli che erano rimasti ancora tra le onde senza decidersi a cambiare finalmente vita e chiudere per sempre con il raffreddore trascorrendo anche solo qualche settimana all’asciutto. Ma anche questa non mi convinceva, non aveva una morale o un significato. E così il cestino pietoso l’ha accolta.
Non ho letto il libro da cui è stata tratta questa frase, “ Le Cosmiche”, ma sono sicura che anche se Calvino ha scritto un racconto che apparentemente è solo per bambini, nei sui testi si può sempre trovare un pensiero più profondo, una sottile riflessione sulla vita difficile dei bambini della prima guerra mondiale o sull’essere perfetto di una persona che proprio per questo non esiste.
Avrei voluto essere capace di scrivere una novella come Calvino, ma per questo avrei bisogno di tempo, mesi e mesi forse addirittura anni, ed è per questo che ora mi accontento di aver scritto questo brano e capisco che in realtà forse avrei potuto fare qualcosa di più, ma non molto di più.