Ettore Barelli

Il Liceo “Vittorini” di Milano ricorda con affetto Ettore Barelli, il primo preside, uomo di grande umanità e cultura al quale deve il suo nome e l’inizio della sua storia.

Ettore Barelli

“A volte mi chiedo se quel senso di appartenenza che per molti di noi ha rappresentato il Vittorini, con tutta la motivazione culturale e di impegno civile che ha comportato, al di là delle singole vocazioni e professionalità, non sia nata proprio da quegli anni, così ricchi per noi di esperienza sul campo, alle prese con una scuola che volevamo cambiare, insieme con i nostri studenti; in questo confortati e sostenuti dalla visione profonda e illuminata di Barelli, così critico nei confronti della contestazione giovanile e pur così aperto a coglierne gli aspetti più vitali. Come se in quegli anni, così vivi e così ricchi di stimoli, ci fosse stata data, in qualche modo, per un concorso di eventi, a noi, giovani professori di diversa formazione, che venivamo tutti da esperienze diverse, un’occasione unica per sperimentare la nostra vocazione vittoriniana; quella concezione cioè, per dirla con Barelli, specifica di Elio Vittorini, di una cultura che fosse capace di trasformarsi in azione diretta, anche dentro la scuola, in impegno civile, in collegamento continuo col mondo circostante, cercando di conservare sempre, anche dentro il nostro lavoro, la nostra apertura mentale e indipendenza di giudizio. In seguito per un buon decennio (anni 80-90) il liceo non ebbe più una guida significativa. Vari personaggi si alternarono alla presidenza senza lasciare traccia. Ma noi continuavamo a lavorare e molti non chiesero mai il trasferimento neanche negli anni più bui, neanche se abitavano lontano, forse perché si sentivano coinvolti in un clima di relazione e, nei momenti migliori, anche di collaborazione, subito percepito anche dai nuovi arrivati che non avevano troppe difficoltà ad inserirsi. Questo sentimento, insieme al ricordo e all’amicizia di Barelli, che molti di noi hanno sentito come guida, maestro e con cui hanno condiviso una dolente passione del vivere, ha rappresentato una costante della nostra quotidianità e ha arricchito di senso, attraverso il nostro lavoro, la nostra stessa vita.” (Maria Giulia Brunetta)

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